E siamo giunti alla fine del Blogtour Sardegna 2014 "Sardegna sconosciuta" , ed è
finito in una maniera oserei dire col “botto”..perchè siamo state ospiti del
ristorante “Canne al Vento” di Genoveffa Piras a Nuoro, ormai un’istituzione per quello che
riguarda la cucina locale e tradizionale.
Prima di degustare un pranzo che ci ha regalato ancora sapori e profumi della Sardegna, però, abbiamo avuto un’immensa fortuna nel poter imparare a fare i Filindeu, una pasta sottilissima e lunga, fatta interamente a mano, che ormai solo poche donne ancora sanno fare, ricetta che si tramanda da madre in figlia di generazione in generazione.
Prima di degustare un pranzo che ci ha regalato ancora sapori e profumi della Sardegna, però, abbiamo avuto un’immensa fortuna nel poter imparare a fare i Filindeu, una pasta sottilissima e lunga, fatta interamente a mano, che ormai solo poche donne ancora sanno fare, ricetta che si tramanda da madre in figlia di generazione in generazione.
Benchè noi si sia fatta la prova con successo di tirare l’impasto
fino a formare fili sottili come quelli del lino da cucire, il trucco sta tutto
nelle dosi dell’impasto e nel riposo stesso!!! Lo so è paradossale ma è più
facile formare i Filindeu che beccare la giusta elasticità dell’impasto che
altro non è che farina di semola rimacinata, acqua e un pizzico di sale!
E regalo a voi quello che la signora Raffaella ci ha donato mentre ci mostrava
come si fanno i “Filindeu”:
la storia e la leggenda sul Filindeu
“Si narra, infatti, che se qualche visitatore rifiuta di
assaggiare la minestra, San Francesco si offenda! Si racconta che una sposa
Nuorese, recatasi alla festa , non solo non volle assaggiare il Filindeu
benedetto, ma lo derise con aria schifata. Al suo ritorno a Nuoro, cadde da
cavallo e precipitò nel dirupo che prese poi il suo nome “il dirupo della sposa”
…
Una minestra squisita da assaporare in ogni occasione conviviale, ma anche un cibo
rituale offerto dai priori in occasione della festa di San Francesco di Lula.
Anche Grazia Deledda, nel libro “Tradizioni popolari di Nuoro”
ricorda come i Filindeu siano anticamente preparati in occasione della festa.
In quel giorno nel locale apposito, viene servito il pranzo
che consiste in carne e filindeu conditi con formaggio fresco ottenendo una
minestra densa e squisita.
Nelle cucine Nuoresi, ormai pochissime, il Filindeu viene
confezionato con una tecnica sopraffina, impastando come materia prima la semola
di grano duro con acqua e sale. Una volta ottenuto l’impasto le donne iniziano
a lavorare con energia la pasta, che tende a mano a mano ad allungarsi in fili
sottilissimi, quasi invisibili, disposti sopra un fondo di asfodelo di forma
circolare componendo tre strati incrociati tra loro. Viene fatta asciugare al
sole, in modo che la pasta una volta asciutta si stacchi da sola formando
rigidi e sottili fogli, un bellissimo “merletto” ..anche da vedere.. “
Genoveffa, la simpaticissima ed esuberante proprietaria del
ristorante “Canne al vento” ci ha cotto
i Filindeu, preparati sempre da Raffaella, in un brodo di manzo e pecora con il
classico formaggio fresco a sciogliersi e a filare mentre lo gustavamo!
Oltre a della favolosa e freschissima ricotta di pecora Genoveffa ci ha preparato una verdura selvatica, che ha raccolto nei campo proprio per noi, saltata in padella con la pancetta ed è stata un'altra cosa di questa Sardegna "sconosciuta" che non potrò dimenticare!
Oltre a della favolosa e freschissima ricotta di pecora Genoveffa ci ha preparato una verdura selvatica, che ha raccolto nei campo proprio per noi, saltata in padella con la pancetta ed è stata un'altra cosa di questa Sardegna "sconosciuta" che non potrò dimenticare!
A conclusione del
pranzo abbiamo anche mangiato con gusto le Sebadas, preparate da Irene e
Genoveffa stessa, che ci avevano insegnato a prepararle, partendo dall’impasto,
alla preparazione sul fuoco del “casu Furriau o Urriau”.
Questo magnifico viaggio finisce qui, ma in realtà mi
porterò sempre impressi i profumi, i sapori e la magnifica ospitalità che la
Sardegna ci ha riservato… e quindi ringrazio ancora tutti coloro che ci hanno
permesso di vivere questa indimenticabile esperienza a cominciare da Aifb,
dalle Camere di Commercio di Cagliari nella persona di Giuseppina, a quella di
Nuoro nelle persone di Roberto e Alessia….e tutti gli chef, imprenditori e
amici che ci hanno regalato tanto sapere e allegria.
GRAZIE!!!
SEADAS o SEBADAS di Genoveffa e Irene del Ristorante “Canne
al Vento” di Nuoro
Per l’impasto
500 g di farina di grano tenero
1 uovo
100 g di strutto
Acqua qb
1 pizzico di sale
Per il ripieno
Per friggere
Olio di semi di mais
Per servire
Miele (di corbezzolo)
Impastate la farina con l’uovo, aggiungete lo strutto e se
serve un po’ di acqua, bisogna ottenere un impasto omogeneo e liscio. Fate
riposare coperto a campana.
Nel frattempo in un tegame di acciaio mettete il formaggio a
fondere. Mescolate regolarmente per non farlo attaccare al fondo del tegame e
cuocete per una ventina di minuti, il formaggio perderà la sua acqua.
Mescolate la scorza grattugiata di limone e rovesciatelo su un piano da lavoro e stendetelo, con un coppa pasta tagliatelo in tanti
cerchi.
Mettete in un tegame l’olio di semi (deve essere una
frittura in olio profondo, quindi non troppo grande) e intanto stendete l’impasto
delle Seadas ad uno spessore di 3-4 mm in strisce, poggiate i cerchi di formaggio e ricoprite con un'altra striscia di impasto, pressate e
sigillate bene i bordi e rifinite con una rotella dentata.
Quando l’olio è pronto iniziate a friggere le Seadas, devono
raggiungere il colore dorato chiaro, coprite con il miele o se non lo gradite
con zucchero a velo e servite calde….. e buon appetito.
Sono cose favolosamente buone ma difficili da riprodurre sia per mancanza di esperienza, manualità ma sopra tutto per la materia prima. Sono cose che devono essere mangiate sul luogo di origine i sapori cosi sono molto difficili da riprodurre. Buona serata e grazie.
RispondiEliminaLe seadas le conosco bene e ne vado matta: quando mi capita di andare in Sardegna non me le faccio mai mancare. I filindeu invece non li conoscevo e la storia della loro lavorazione mi ha profondamente affascinata. Grazie per questa condivisione!
RispondiElimina