-“MA È
NATO PRIMA IL SARTÚ O
L’ARANCINO?? “
-“e io che
beata MIII….zzica ne so??” mi son prontamente risposta!!!
Però mentre elaboravo una ricetta per la mia preparazione ho
provato ad immaginare cosa sia accaduto qualche secolo fa qua in Sicilia:
All’epoca dei Monsù, i cuochi eccelsi delle cucine delle tante
case nobiliari quaggiù in terra di Trinacria (perché c’erano anche a Napoli eh,
ma si chiamavano Monzù- tipico modo tuttora esistente al sud della nostra
penisola di storpiare le parole, in quanto a dire il vero deriverebbe dal
termine francese di Monsieur), che usavano fare una cucina “fusion” tra quella
francese e quella napoletana o siciliana
fu creata una ricetta per poter rendere l’anemico riso, considerato cibo
“triste” per i malati, un piatto gourmet, e così sulle tavole aristocratiche
arrivò questo sublime involucro di riso condito e ripieno di ricche carni,
formaggi, verdure, accompagnato da salse.
Ora se si osserva bene il sartù e lo si affetta, e se si fa lo
stesso con l’arancino non notate delle somiglianze??
Qui a Catania l’arancino richiede il pezzettino di carne al sugo
all’interno, poi c’è chi ci mette del ragù con carne macinata, il tocchetto di
formaggio non manca mai, poi a discrezione della pasticceria c’è chi ci mette i
pisellini o no…. Il riso forma un guscio, coperto da croccante pangrattato…..
l’arancino a mio modestissimo avviso non è altro che un piccolo Sartù, ma
fritto!!!
Come penso sia nato l’arancino??? Sempre come mia banale e
“plebea” supposizione sono convinta che dalle ricche cucine dei palazzi
nobiliari di cui ancora è ricchissima tutta la Sicilia qualcuno della servitù abbia
assaggiato qualche avanzo e abbia pensato: “Marìììììììììììììììììììììììa
ce la devo fare assaggiare macari a casa sta bontà divina!!! “, e così non
avendo per le mani le segretissime ricette del monsù di turno, sarà andato a
memoria e soprattutto di “accomodo”…
fatto il riso, lo ha riempito di quel che passava il convento, un po’ di salsa
di pomodoro cotta con qualche rimasuglio di carne a lungo per rendere il
suddetto rimasuglio tenero, non avendo lo stampo ha dato la forma con le mani,
non volendo levare le uova ad un altro pasto, avrà passato nella “lega” di
acqua e farina e ripassato nelle briciole del pane duro e secco e …. E…. “uora comu comu lo cucino, che non è
giornata per andare o’ funno(forno)???”, nel modo più semplice e veloce
vista la fame, “lo friggo nella sugna e
bonu cchiù!!”, e così secondo me è nato l’arancino, uno degli street food
per eccellenza che qua in Sicilia ha di ben lunga superato il Sartù, più
Partenopeo e nobile di origini…ma a conclusione di tutto sto papello vi regalo
un finale da thriller di quelli seri, di quelli che quando leggete “THE END” vi
guardate e pensate se ci sarà un seguito, o ancora peggio “che non ci avete
capito una beata MII….zzica”: e se invece fosse nato prima l’arancino e qualche
Monzù, sceso quaggiù a seguito del suo aristocratico signore Napoletano,
passeggiando per mercati avesse assaggiato un arancino e fosse stato
folgorato??? AAAAAAAAAAAAAAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHAH….. Comunque il mio Sartù
nasce dall’arancino, la base del risotto è quella colorata di zafferano e il
ripieno è il sugo di carne accompagnato da polpettine, e fette di pepato fresco
Siciliano…. Non ci sono melanzane che aggiungerei in Estate, e nemmeno
pisellini che farebbero il mio Sartù di Primavera, non ci son funghi che mi
regalerebbero i profumi dell’Autunno e non ci sono bietole o cavolfiori a
ricordarmi l’Inverno…. È un Sartù di base sta a voi regalargli una stagione
così come sicuramente facevano i Monsù qualche secolo fa!!
SARTÚ DI RISO SICILIANO
Per uno stampo diam. 20 cm
x 12 cm di altezza e due da 12 cm di
diametro e 9 cm di altezza
Risotto ( da 1 kg di riso originario crudo)
Carne al sugo (rispetto alla ricetta nel link ho messo metà carne
di maiale e metà muscolo di vitello)
20-25 Polpettine di carne
400 g di Pepato fresco Siciliano
Burro
Per uno stampo diam. 20 cm
x 12 cm di altezza e due da 12 cm di
diametro e 9 cm di altezza
Per il sugo di carne QUI
Per le polpettine
500 g di carne macinata di vitello
2 cipolletta fresche tagliate finemente
2 fette di pane in cassetta
3 cucchiai di Pecorino grattugiato
1 bicchiere di latte
1 uovo
Sale e pepe nero
2 cucchiai di olio extra vergine di oliva per cuocere le
polpettine
In una ciotolina ammollate il pane in cassetta nel latte, e nel
frattempo mescolate la carne macinata con il Pecorino, il sale, il pepe e la
cipolletta fresca. Strizzate bene il pane e aggiungetelo al composto di carne,
mescolate bene ed aggiungete l’uovo. Amalgamate bene tutto. Versate l’olio in
una padella e intanto formate delle palline di carne che rovescerete nell’olio
caldo e cuocerete rigirandole pochi minuti. Lasciate a intiepidire su carta
assorbente da cucina.
Per il riso
1 kg di riso originario o Carnaroli
3 litri di brodo di carne
3 scalogni
4 cucchiai di olio extra
vergine di oliva
Sale e pepe q.b
6-7 pistilli di zafferano
1 cucchiaio di burro
200 g di Pecorino Siciliano grattugiato
3 scalogni
4 cucchiai di olio extra
vergine di oliva
Sale e pepe q.b.
10 uova
In un tegame capiente versate l’olio e fate appassire gli scalogni
affettati finemente e un’abbondante macinata di pepe nero. Versate il riso e
fate tostare circa 1-2 minuti, mescolando, i chicchi devono diventare
traslucidi. Versate nel tegame il brodo bollente mano a mano che il riso si
asciuga. Fermate la cottura quando il riso sarà al dente e si presenterà
piuttosto compatto. Togliete dal fuoco, aggiungete lo zafferano e mantecate con
il burro e poi con il Pecorino mescolando bene tutto. Lasciate intiepidire
leggermente ed aggiungete un uovo alla volta, mescolando molto bene tutto.
Assemblare il Sartù
Accendete il forno a
180°.
Imburrate accuratamente e molto molto bene gli stampi e
spolveratelo ancora più accuratamente con il pangrattato.
Mescolate il sugo di pomodoro, da cui avrete levate la carne
con le polpettine.
Coprite il fondo dello stampo con uno strato di riso alto un
cm circa. Livellate bene con il dorso del cucchiaio, io sono andata bella
decisa con le mani. Riempire anche le pareti degli stampi, sempre dello spessore
di 1 cm, e necessario aiutatevi o con le mani bagnate o con il dorso di un
cucchiaio sempre bagnato. Arrivate a metà dell’altezza di ogni stampo se usate
lo stampo grande mentre per quelli più piccoli arrivate al bordo. Riempite il fondo
con le fette di Pepato e riempite con la metà del condimento di sugo e coprite
con un altro strato di riso alto sempre un dito e rivestite le pareti fino all’orlo.
Fate un altro strato il rimanente condimento nel caso dello stampo grande.
Coprite con lo strato di riso alto sempre 1 cm. Livellate bene, cospargete di
pangrattato e mettete di qua e di là qualche fiocchetto di burro.
Infornate e cuocete per 30-35 minuti
(io 40, MA PER LO STAMPO GRANDE NE SERVONO ALMENO 60!!). Capirete che è cotto quando si vedrà chiaramente che i bordi
si sono staccati dalle pareti, ma in realtà aspettate che la superficie sia proprio molto dorata, perchè se quella non è soda... inficiate tutto!
Lasciate riposare 30 minuti, e sformate direttamente su un piatto da portata o alzatina e se volete decorate con la besciamella e l'aiuto di una sacca da pasticcere con bocchetta a stella.
Per la besciamella QUI
DOLENTI note (nel caso dello stampo grande):
-i tempi di cottura, sono troppo pochi!!! Per gli stampi piccoli i miei 40 minuti sono stati ottimi e sufficienti per quello grande NO!! Si è
sformato benissimo, ma il fondo (inteso come la parte in alta in cottura) dopo 40
minuti, nonostante le pareti si fossero staccate, era “crudo” ed infatti
sformato perfettamente, pareti sode e integre, da sotto (cioè dal fondo, e non le pareti) ha iniziato a cedere, rimesso
subito in stampo, lo abbiamo mangiato lo stesso, ma ritengo che i
minuti consigliati fossero insufficienti, tanto che prossima volta lo terrò
come minimo un’ora e passa. L’errore è stato mio senza ombra di dubbio, perché avrei
dovuto aspettare per un fondo ben ben dorato e non fidarmi del fatto che le pareti
fossero perfette!! Ma come si dice sbagliando s’impara. Tutto questo mi ha
insegnato a seguire pedissequamente una ricetta, fino a un certo punto, ma ciò
non ha inficiato il gusto magnifico della Sicilia antica a casa nostra. E per fortuna mi ero progettata quelli bi-porzione (perchè non sono piccoli, con uno ci si mangia in due) per utilizzare i magnifici stampi " di un'età " della zia di mio marito presi in eredità...lei ci faceva i gelati..ma per me sono così belli anche per i Sartù dei Monsù, che dovevo necessariamente usarne un paio.....
..... 'mbare che sartu'!
RispondiEliminaMolto interessante la tua teoria in effetti le similitudini ci sono tutte, anche il triller finale crea dei dubbi
RispondiEliminaIl sartu' è una preparazione così particolare che dispiace quando non riesce visivamente perfetto, in quanto alla bontà non si discute. Grazie per il consiglio sulla cottura.
La tua biporzione però è molto carina e golosa
Ciao e tanti auguri
Per me sei un genio!
RispondiEliminaMa dài non sapevo che l'arancino si facesse anche con la carne non macinata. Per me era classico il ragù. Poi mi hai dato un'idea con il cavolfiore, si potrebbe pensare a un sugo invernale a partire da questo ortaggio che con il riso si sposa ottimamente, chissà...
RispondiEliminaIo dico che la tua teoria, la prima, ha molto senso. E che il tuo Aranciù dev'essere molto buono. :)
RispondiEliminaBuona Pasqua.
Ma quanto mi fai ridere?!?! Scrivi sempre in siciliano, ti prego :-D
RispondiEliminaE comunque, la tua mi sembra una teoria di tutto rispetto...istituiamo un assegno di ricerca che indagare le origini del sartù!
Interessante teoria. Ma la tua versione di sartù è ancora più interessante ;-)
RispondiEliminaE' andata esattamente cosi, fonti alla mano. E non e' un caso che l'inno piu' alto alla cucina di strada, povera e plebea, sia innalzato proprio in Sicilia e in Campania, sedi delle Regge e, di conseguenza, anche delle cucine reali. Di certo, prima di tutto, erano nate l'intelligenza, l'arguzia e quel senso dell'umorismo che tu hai saputo far rivivere cosi bene nel tuo racconto e che ancora si trova in certi piatti, su tutti quelli che finiscono con il "fujuto" o con il "magro". L'arancino ha invece quella sensualita' tutta siciliana, quell'eleganza, quella riconoscenza ad una terra sempre amatissima, qualsiasi fosse la sorte che riservava ai suoi figli. E questo tuo sartu' rappresenta un'altra dichiarazione d'amore per la Sicilia, celebrata in quella abbondanza sontuosa che e' una delle cifre che meglio la connotano, nella cultura, nell'arte, nella cucina.
RispondiEliminaSui tempi di cottura, finora sei la prima che suggerisce di aumentarli: ma siamo sempre li,forni, conduzione del calore degli stampi e ripieni diversi sono variabili che non si possono prevedere: l'unica e' usare l'occhio, specie quando e' piu' che esperto, come il tuo :)
come darti torto? effettivamente l'arancino è un mini sartù fatto a palla o a pera anziché messo nello stampo. Stessa astuzia culinaria e stessa succulenta bontà!!
RispondiEliminaTroppo spassoso leggerti! Quoto Alice, d'ora in poi scrivi in siciliano, please :-)
Adesso che abbiamo anche l'approvazione storica della "signora dei pipponi" la tua genialità è assolutamente conclamata. Da amante della Sicilia, che ho eletto a mia seconda patria, ho adorato il tuo Sartù/arancino immediatamente.
RispondiEliminaCome dice anche Alessandra, confermi la regola che le cotture dipendono dal forno che uno ha, dal ripieno e dal recipiente ma nel tuo caso visto il recipiente in alluminio e le dimensioni direi che potremmo bacchettare e rimproverare solo ed esclusivamente il forno che non cuoce in modo uniforme. Per esempio nel mio forno la differenza fra modalità ventilata e statica è notevolissima. Io ti darei un premio per la divulgazione empirico scientifica e ti nominerei Alberto Angela dell'arte culinaria: lei è un gran figo ma anche tu te la cavi e voglio proprio vedere come farebbe Neri Marcore' la tua imitazione !! Certo che è andata così...dalle trame che inevitabilmente univano gli aristocratici con i plebei perché modestamente, i primi, senza il sudore degli secondi difficilmente avrebbero goduto come hanno fatto...un abbraccio !
RispondiEliminaSolo tu potevi partorire una porcata così :-D Unire due ricette già fantastiche di loro ed arrivare ad una bontà assoluta.
RispondiEliminaFabio
Ci vedo un bel podio qui cara la mia bella! Post spassosissimo ed ineguagliabile! Un bacione!
RispondiEliminaAppassionante la tua versione storica è decisamente strepitoso il tuo arancino-sartu
RispondiEliminail ragionamento non fa un piega!
RispondiEliminaunire le nostre arancine al sartù è geniale..... mi piace proprio baci flavia!
é nato prima l'uovo o la gallina? Il sartù o l'arancino? In ogni caso, bene che qualcuno ci abbia pensato.. senno' come avremmo fatto senza?
RispondiElimina:-)
Ed io dopo aver letto il post
RispondiEliminaMi sono detta ecco perché esistono i pilastri dell mtc
Flavia sei unica i miei complimenti
bellissima proposta veramente!!
RispondiEliminaQuesta analogia tra il sartù e l'arancino non mi era venuta in mente, me l'hai fatta notare tu con il tuo irresistibile racconto!
RispondiEliminaSei sempre un portento, e leggendoti, mi ritorni in mente nelle vesti di battitrice d'asta :)
Che belli gli stampi ereditati dalla zia! Sartù magnifico e post eccezionale!